Perché lo zafferano costa 25mila euro al kilo? (E dove si produce in Italia)

La storia dello zafferano

Le prime tracce autoctone si collocano in India, mentre la sua coltivazione, in epoca remota, si è diffusa in Grecia e Asia Minore. Lo zafferano ha raggiunto poi l’Europa sulle rotte di mercanti e navigatori, toccando prima le sponde spagnole (la paella, d’altronde, non può farne a meno) e infine, forse a opera di un industrioso monaco abruzzese nel XVI secolo, anche l’Italia. Nonostante la regione d’origine del religioso sia ancora una delle più vocate, la coltivazione dello zafferano — decaduta nello scorso secolo per la sua complessità — sta attraversando una fase di ripresa in molte altre aree del paese.

Coltivazione e prezzo dello zafferano

Molte imprese agricole di piccole e medie dimensioni (in tutto circa 300, secondo l’associazione Zafferano Italiano, per un totale di 500 kg di prodotto annui), hanno deciso di puntare sul suo recupero, rinnovando tradizioni agrarie vecchie di secoli. E a ragione. Il prezzo della spezia — i fiori del crocus sativus si raccolgono solo durante poche settimane in autunno inoltrato, quando sbocciano all’alba — si aggira intorno ai 25mila € al kg, ma per produzioni italiane di eccellenza può raggiungere addirittura i 60mila €. Come mai? Perché per ottenere un chilo di prodotto, dopo aver lasciato i pistilli a essiccare per alcuni mesi, servono ben 170mila fiori.

Ecco quali sono le principali zone del nostro paese in cui lo si produce.

Sardegna

La produzione sarda è antichissima e abbondante (60% del totale del paese). Iscrizioni tombali del I secolo d.C. ne testimoniano le radici, così come l’attività di monaci che lo coltivavano per fini medicamentosi. Il centro è il comune di San Gavino Monreale, nel Campidano Medio, dove a novembre si fa una grande festa per la fine della raccolta. La tecnica è antica: una volta separati gli stimmi, si ungono con poco olio di oliva per evitare che si secchino troppo e preservarne i profumi. Con quello dell’Azienda Zafferano San Gavino si condiscono fregula e malloreddus oppure si prepara il brodu de petza, un brodo di gallina aromatizzato. Lo zafferano di Sardegna, inoltre, si fregia del marchio Dop.

Abruzzo

Ci sono fonti storiche che registrano qui la coltivazione di zafferano già nel XIII secolo, quando la città de L’Aquila fu fondata da Federico II. Specie nella zona dell’altopiano di Navelli, da dove si estese in molte altre aree interne. Dopo un picco di produzione ai primi del ‘900 c’è stato un costante declino, invertito però negli ultimi decenni. Dal 2005 lo Zafferano dell’Aquila è un marchio Dop, con aziende d’eccellenza come Podere de’ Monaci di Prata d’Ansidonia (L’Aquila). Come si usa? Ad esempio nei cannarozzetti con ricotta e guanciale.

Toscana

Prima ancora che per i grandi vini, la Toscana era conosciuta in Italia (e in Europa) per il suo zafferano pregiato. Si dice che i mercanti di San Gimignano, nel Medioevo, coi proventi dei loro traffici finanziarono addirittura le famose torri. Il paese si fregia oggi del marchio Dop, ma le aziende dedicate si stanno moltiplicando in tutta la provincia di Siena. Come Pura Crocus di Montalcino, una delle poche a dedicarsi esclusivamente a questa coltura. Altre realtà sono anche in provincia di Arezzo e Lucca. Da queste parti, ci si aromatizza tanto il pecorino quanto i cantucci.

Emilia-Romagna

Nei transiti da Abruzzo e Toscana verso il nord, qualche bulbo deve essere stato provvidenzialmente trattenuto anche qui. La coltivazione ebbe il suo apice nel XVIII secolo, per subire una profonda crisi nel periodo seguente. Un salto fino agli anni ’90 e poi una ripresa, soprattuto tra Piacenza e Modena, con qualche realtà anche sulle colline faentine e nel riminese, con ad esempio lo Zafferano di Pennabilli. Particolarmente attiva, dal 2011, l’Associazione Produttori Zafferano del Ventasso, che raccoglie agricoltori dell’Appennino reggiano. Lo zafferano aromatizza la crema al Parmigiano per i cappelletti, oppure quella dolce, che viene fritta e servita come antipasto o intermezzo.

Marche

I romani e gli etruschi che si sono succeduti nelle Marche conoscevano già la spezia rossa, usata ai tempi anche per la cagliatura del latte. Dalla zona di Matelica fino al Piceno e, in particolare, il Montefeltro — dove l’azienda omonima si è fatta conoscere, con ben 12 ettari di terreno — anche qui lo zafferano è tornato a diffondersi. In questa regione si preparano biscotti ai pistilli e anche una specialità alcolica: l’Anisetta Rosati Superfine, prodotta dal’1877 ad Ascoli con infusione di zafferano.

Umbria

La storia dello zafferano in Umbria parte nel XIII secolo, cantata in poemetti di autori locali, soprattutto tra Spoleto e Foligno, ma anche nel territorio del Trasimeno, Orvieto e Città della Pieve. Oggi è un centro importante Cascia, dove dal 2001 c’è l’Associazione dello Zafferano Purissimo di Cascia, che copre i territori della Valnerina, Valle Umbra e Valtopina. Tra le specialità locali ci sono la minestra di farro e zafferano, la ricotta allo zafferano con zucchero e Marsala e anche qualche liquore.

Nel resto del paese, lo zafferano si produce in Piemonte - dove nel novarese c'è l'azienda La Terra dei 2 Laghi -, in Basilicata, specie intorno a Matera, in Sicilia, soprattutto a Enna, nel Lazio - con la realtà d'eccellenza Zafferano Monticiano - e addirittura in Val d’Aosta, ai piedi del Monte Bianco.

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